ISPROM
ISTITUTO DI STUDI E PROGRAMMI
PER IL MEDITERRANEO
Mediterraneo, Russia, Sardegna
Da antonio Gramsci a luigi Polano
Sassari, 1 - 2 dicembre 2017
ANTONELLO ANGIONI
Direttore
dell’Istituto Gramsci della Sardegna
Mediterraneo, Russia,
Sardegna.
Da Antonio Gramsci a Luigi
Polano
E’ con molto piacere che, nella mia qualità
di direttore dell’Istituto Gramsci della Sardegna, porgo un saluto ai relatori
e ai partecipanti a questo Seminario di studi organizzato dall’ISPROM che -
sono convinto - costituirà un importante momento di riflessione per
approfondire i rapporti tra Russia e Sardegna: rapporti che, storicamente, si
sono sviluppati attraverso uno spazio, il Mediterraneo, che non è solo un luogo
fisico ma assume sempre più anche una valenza
geopolitica.
Infatti, non vi è dubbio che, da un punto di
vista storico e geopolitico, la Russia partecipi alla civiltà mediterranea: una
civiltà che, veicolata da questo importante mare, si è
sviluppata da Oriente a Occidente, da Asia a Europa[1]. E’ la storia dell’Impero
Romano d’Oriente a costituire, in qualche misura, il punto d’unione e di
saldatura tra i due versanti. Del resto l’aquila bicipite[2],
per lungo tempo simbolo dell’Impero Russo, è la stessa aquila che troviamo nei
vessilli dell’Impero Romano d’Oriente.
Da un punto di vista culturale, la Sardegna
conserva ancora la memoria della Chiesa cristiana indivisa (cattolica e
ortodossa) grazie al culto popolare di San Costantino imperatore[3]. E poi nelle tradizioni civili e religiose,
nell’onomastica e nella toponomastica. Si aggiunga lo straordinario
contributo dato dagli autori russi alla letteratura, alla musica e alle arti
figurative che l’Europa ha espresso nel corso dei secoli.
Ma la Russia partecipa
alle vicende del Mediterraneo anche dal punto di vista economico e nel nostro
tempo posto che, insieme all’Algeria, è il più importante fornitore di gas
naturale ai Paesi del Mediterraneo.
Si è dunque in presenza
di un quadro molto complesso, spesso valutato sulla base di pregiudizi e
suggestioni. Forse pesa ancora il “periodo sovietico”, la “Guerra Fredda”,
durante il quale si escludeva la Russia dall’Europa, e
non si considera che, secondo gli attuali scenari, se si guarda ad una
dimensione geopolitica di sicurezza globale e di cooperazione tra i popoli, la
Russia non può non essere associata all’Europa, in una prospettiva che ne fa un
Paese “europeo” e “mediterraneo”, a vantaggio di tutti anche in termini di
stabilità politica ed economica.
La Russia di oggi è, a pieno titolo, “mediterranea”
essendo sempre più protagonista della storia europea e potendo dare un
contributo, originale e rilevante, al difficile equilibrio fra popoli, nazioni,
stati, culture e religioni che nel Mediterraneo dialogano, si
incontrano e, talvolta, si scontrano.
Essendo cagliaritano, voglio ricordare due
episodi di collaborazione con la grande Russia che hanno visto protagonista il
piccolo Comune di Cagliari. E cioè, il recente allestimento della mostra
“Eurasia” reso possibile dalla collaborazione col Museo Statale Ermitage di San
Pietroburgo - fortemente voluta dal sindaco Zedda -
che ha costituito un’occasione per andare alla riscoperta delle origini comuni,
o quanto meno dei molteplici punti di contatto, tra l’antica civiltà dei sardi
e la cultura delle popolazioni del Caucaso. Un rapporto fatto di somiglianze e
differenze, di incontri e scontri, dove la differenza
costituisce comunque l’elemento che può garantire un reale sviluppo sociale e
culturale, un’identità plurale e stratificata, un futuro costellato da nuovi e
proficui incontri[4].
E voglio ancora segnalare che, nel 2010, una
delegazione del Comune di Cagliari - guidata dall’allora sindaco Emilio Floris
- si recò a Mosca dove sottoscrisse, col prefetto del
Municipio Centrale, un “protocollo di amicizia e cooperazione” che impegnava le
due Amministrazioni ad attivare un reciproco scambio di esperienze, conoscenze
e informazioni. Si tratta di piccole ma importanti tessere di un rapporto di
collaborazione che mi auguro diventi sempre più
intenso e proficuo.
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Il tema di questo Seminario “Mediterraneo, Russia, Sardegna” si completa
con un riferimento, molto impegnativo, che ne costituisce il completamento: “Da Antonio Gramsci a Luigi Polano”.
Precisazione che costituisce una delimitazione temporale e, al tempo stesso, un
arricchimento dal punto di vista dei contenuti politici. Perché si tratta di
due personaggi molto importanti del partito comunista italiano: Gramsci, col
gruppo “Ordine Nuovo”, ne fu uno dei fondatori e Polano, all’epoca responsabile
dei giovani socialisti, vi aderì con questi (in
blocco) sin dal congresso di Livorno nel gennaio 1921, andando a costituire una
componente autonoma della nuova formazione politica[5].
Personaggi che - è inutile nasconderlo -
presentano storie personali e percorsi politici per più aspetti diversi.
L’intellettuale Gramsci, nella restrizione carceraria, divenne presto un
pensatore profondo che - soprattutto attraverso le “Lettere” e i “Quaderni dal
carcere” - ci ha lasciato un grande patrimonio di elaborazioni teoriche e di
riflessioni. Polano, nella lunga clandestinità, divenne un esponente di spicco
della Terza Internazionale, in stretto rapporto con Togliatti, e un “rivoluzionario
di professione” e, dopo la Liberazione, un politico di primo piano nel suo partito
e nelle istituzioni rappresentative.
Polano era un uomo sobrio e scrupoloso,
silenzioso e determinato e soprattutto riservato. Ed è forse questa la ragione
per cui non si conosce molto della sua lunga esperienza nel Paese dei Soviet,
vissuta anche negli anni oscuri delle purghe, dei processi e delle repressioni
che diventarono il simbolo cupo dello stalinismo, dal quale Gramsci prese le
debite distanze. Spero che questo seminario consenta di far luce sulla vita e
l’opera di Luigi Polano.
Ma entrambi, sia Gramsci che
Polano, pur nelle inevitabili differenze, diedero un contributo straordinario
alla formazione e allo sviluppo del partito comunista italiano, una vicenda
conclusa e irripetibile, oramai entrata a pieno titolo della storia d’Italia.
[1] Secondo una
interpretazione diffusa, il termine “Europa” deriverebbe dal semitico “Ereb”, espressione
utilizzata dai fenici per indicare tutti quei territori che si trovavano ad
Occidente rispetto alla loro terra d’origine.
[2] L’aquila bicipite,
adottata come stemma imperiale per la prima volta dall’imperatore romano
Costantino, divenne lo stemma dell’Impero Romano d’Oriente fino all’ultima
dinastia (quella dei Paleologi). Quindi passò in eredità alla Russia (dopo lo
sposalizio di Sofia Paleologo, nipote dell’ultimo imperatore romano d’Oriente,
col Gran Duca della Russia Ivan III Vassilijevich). Dell’aquila bicipite la
Russia fece uso sino ai Romanov, Zar di tutte le Russie. Ora è lo stemma della
Federazione Russa. L’aquila bicipite fu utilizzata anche dai re d’Armenia e in
seguito dagli Asburgo, imperatori d’Austria e re d’Ungheria, e da altre
importanti casate. La stessa compare anche nello stemma di alcune città.
[3] Per un approfondimento,
v. Sini Francesco e Onida Paolo (a cura di), Poteri religiosi e istituzioni: il
culto di San Costantino Imperatore tra oriente e occidente, Torino, 2003.
[4] Proprio oggi (1
dicembre 2017), a Cagliari, si tiene un convegno internazionale dal titolo “Le
civiltà e il Mediterraneo” che si prefigge lo scopo di analizzare il ruolo del
Mediterraneo (e quello della Sardegna) nella storia. Il convegno si svolge
sotto il coordinamento scientifico di Yury Piotrovsky, vicedirettore del
Dipartimento di Archeologia dell’Europa Orientale e della Siberia dell’Ermitage
di San Pietroburgo. Sono previsti interventi di direttori e curatori dei musei
di Milano, Napoli, Alicante, Berlino, Salonicco, Spalato, Tbilisi e del Polo
Museale della Sardegna.
[5] Si fa presente che
Polano, insieme a Gramsci, Bordiga, Terracini, Bombacci, Repossi, Misiano e
Fortichiari, il 21 ottobre 1920, sottoscrive il “Manifesto programma della sinistra del Partito socialista”, dando vita alla “frazione comunista” che, dopo tre
mesi esatti, a Livorno, promuove la nascita del Partito comunista d’Italia.