D-&-Innovazione-2018

 

 

ISPROM

ISTITUTO DI STUDI E PROGRAMMI PER IL MEDITERRANEO

 

Mediterraneo, Russia, Sardegna

Da antonio Gramsci a luigi Polano

Sassari, 1 - 2  dicembre  2017

 

 

Antonello-Angioni-Gramsci-219x300ANTONELLO ANGIONI

Direttore dell’Istituto Gramsci della Sardegna

 

Mediterraneo, Russia, Sardegna.

Da Antonio Gramsci a Luigi Polano

 

 

E’ con molto piacere che, nella mia qualità di direttore dell’Istituto Gramsci della Sardegna, porgo un saluto ai relatori e ai partecipanti a questo Seminario di studi organizzato dall’ISPROM che - sono convinto - costituirà un importante momento di riflessione per approfondire i rapporti tra Russia e Sardegna: rapporti che, storicamente, si sono sviluppati attraverso uno spazio, il Mediterraneo, che non è solo un luogo fisico ma assume sempre più anche una valenza geopolitica.

Infatti, non vi è dubbio che, da un punto di vista storico e geopolitico, la Russia partecipi alla civiltà mediterranea: una civiltà che, veicolata da questo importante mare, si è sviluppata da Oriente a Occidente, da Asia a Europa[1]. E’ la storia dell’Impero Romano d’Oriente a costituire, in qualche misura, il punto d’unione e di saldatura tra i due versanti. Del resto l’aquila bicipite[2], per lungo tempo simbolo dell’Impero Russo, è la stessa aquila che troviamo nei vessilli dell’Impero Romano d’Oriente.

Da un punto di vista culturale, la Sardegna conserva ancora la memoria della Chiesa cristiana indivisa (cattolica e ortodossa) grazie al culto popolare di San Costantino imperatore[3]. E poi nelle tradizioni civili e religiose, nell’onomastica e nella toponomastica. Si aggiunga lo straordinario contributo dato dagli autori russi alla letteratura, alla musica e alle arti figurative che l’Europa ha espresso nel corso dei secoli.

 

Ma la Russia partecipa alle vicende del Mediterraneo anche dal punto di vista economico e nel nostro tempo posto che, insieme all’Algeria, è il più importante fornitore di gas naturale ai Paesi del Mediterraneo.

Si è dunque in presenza di un quadro molto complesso, spesso valutato sulla base di pregiudizi e suggestioni. Forse pesa ancora il “periodo sovietico”, la “Guerra Fredda”, durante il quale si escludeva la Russia dall’Europa, e non si considera che, secondo gli attuali scenari, se si guarda ad una dimensione geopolitica di sicurezza globale e di cooperazione tra i popoli, la Russia non può non essere associata all’Europa, in una prospettiva che ne fa un Paese “europeo” e “mediterraneo”, a vantaggio di tutti anche in termini di stabilità politica ed economica.

La Russia di oggi è, a pieno titolo, “mediterranea” essendo sempre più protagonista della storia europea e potendo dare un contributo, originale e rilevante, al difficile equilibrio fra popoli, nazioni, stati, culture e religioni che nel Mediterraneo dialogano, si incontrano e, talvolta, si scontrano.

Essendo cagliaritano, voglio ricordare due episodi di collaborazione con la grande Russia che hanno visto protagonista il piccolo Comune di Cagliari. E cioè, il recente allestimento della mostra “Eurasia” reso possibile dalla collaborazione col Museo Statale Ermitage di San Pietroburgo - fortemente voluta dal sindaco Zedda - che ha costituito un’occasione per andare alla riscoperta delle origini comuni, o quanto meno dei molteplici punti di contatto, tra l’antica civiltà dei sardi e la cultura delle popolazioni del Caucaso. Un rapporto fatto di somiglianze e differenze, di incontri e scontri, dove la differenza costituisce comunque l’elemento che può garantire un reale sviluppo sociale e culturale, un’identità plurale e stratificata, un futuro costellato da nuovi e proficui incontri[4].

E voglio ancora segnalare che, nel 2010, una delegazione del Comune di Cagliari - guidata dall’allora sindaco Emilio Floris - si recò a Mosca dove sottoscrisse, col prefetto del Municipio Centrale, un “protocollo di amicizia e cooperazione” che impegnava le due Amministrazioni ad attivare un reciproco scambio di esperienze, conoscenze e informazioni. Si tratta di piccole ma importanti tessere di un rapporto di collaborazione che mi auguro diventi sempre più intenso e proficuo.

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Il tema di questo Seminario “Mediterraneo, Russia, Sardegna” si completa con un riferimento, molto impegnativo, che ne costituisce il completamento: “Da Antonio Gramsci a Luigi Polano”. Precisazione che costituisce una delimitazione temporale e, al tempo stesso, un arricchimento dal punto di vista dei contenuti politici. Perché si tratta di due personaggi molto importanti del partito comunista italiano: Gramsci, col gruppo “Ordine Nuovo”, ne fu uno dei fondatori e Polano, all’epoca responsabile dei giovani socialisti, vi aderì con questi (in blocco) sin dal congresso di Livorno nel gennaio 1921, andando a costituire una componente autonoma della nuova formazione politica[5].

Personaggi che - è inutile nasconderlo - presentano storie personali e percorsi politici per più aspetti diversi. L’intellettuale Gramsci, nella restrizione carceraria, divenne presto un pensatore profondo che - soprattutto attraverso le “Lettere” e i “Quaderni dal carcere” - ci ha lasciato un grande patrimonio di elaborazioni teoriche e di riflessioni. Polano, nella lunga clandestinità, divenne un esponente di spicco della Terza Internazionale, in stretto rapporto con Togliatti, e un “rivoluzionario di professione” e, dopo la Liberazione, un politico di primo piano nel suo partito e nelle istituzioni rappresentative.

Polano era un uomo sobrio e scrupoloso, silenzioso e determinato e soprattutto riservato. Ed è forse questa la ragione per cui non si conosce molto della sua lunga esperienza nel Paese dei Soviet, vissuta anche negli anni oscuri delle purghe, dei processi e delle repressioni che diventarono il simbolo cupo dello stalinismo, dal quale Gramsci prese le debite distanze. Spero che questo seminario consenta di far luce sulla vita e l’opera di Luigi Polano.

Ma entrambi, sia Gramsci che Polano, pur nelle inevitabili differenze, diedero un contributo straordinario alla formazione e allo sviluppo del partito comunista italiano, una vicenda conclusa e irripetibile, oramai entrata a pieno titolo della storia d’Italia.



[1] Secondo una interpretazione diffusa, il termine “Europa” deriverebbe dal semitico “Ereb”, espressione utilizzata dai fenici per indicare tutti quei territori che si trovavano ad Occidente rispetto alla loro terra d’origine.

 

[2] L’aquila bicipite, adottata come stemma imperiale per la prima volta dall’imperatore romano Costantino, divenne lo stemma dell’Impero Romano d’Oriente fino all’ultima dinastia (quella dei Paleologi). Quindi passò in eredità alla Russia (dopo lo sposalizio di Sofia Paleologo, nipote dell’ultimo imperatore romano d’Oriente, col Gran Duca della Russia Ivan III Vassilijevich). Dell’aquila bicipite la Russia fece uso sino ai Romanov, Zar di tutte le Russie. Ora è lo stemma della Federazione Russa. L’aquila bicipite fu utilizzata anche dai re d’Armenia e in seguito dagli Asburgo, imperatori d’Austria e re d’Ungheria, e da altre importanti casate. La stessa compare anche nello stemma di alcune città.

 

[3] Per un approfondimento, v. Sini Francesco e Onida Paolo (a cura di), Poteri religiosi e istituzioni: il culto di San Costantino Imperatore tra oriente e occidente, Torino, 2003.

 

[4] Proprio oggi (1 dicembre 2017), a Cagliari, si tiene un convegno internazionale dal titolo “Le civiltà e il Mediterraneo” che si prefigge lo scopo di analizzare il ruolo del Mediterraneo (e quello della Sardegna) nella storia. Il convegno si svolge sotto il coordinamento scientifico di Yury Piotrovsky, vicedirettore del Dipartimento di Archeologia dell’Europa Orientale e della Siberia dell’Ermitage di San Pietroburgo. Sono previsti interventi di direttori e curatori dei musei di Milano, Napoli, Alicante, Berlino, Salonicco, Spalato, Tbilisi e del Polo Museale della Sardegna.

 

[5] Si fa presente che Polano, insieme a Gramsci, Bordiga, Terracini, Bombacci, Repossi, Misiano e Fortichiari, il 21 ottobre 1920, sottoscrive il “Manifesto programma della sinistra del Partito socialista”, dando vita alla “frazione comunista” che, dopo tre mesi esatti, a Livorno, promuove la nascita del Partito comunista d’Italia.